Un pensiero di tutto cuore e di tutto pugno a Giovanni Pesce, Medaglia d'oro per la resistenza al nazifascismo, morto oggi all'età di 89 anni.
"Visone" l'ho visto parlare un paio di anni fa. Ero preparato, sapevo che era stato nelle Brigate internazionali in Spagna, che aveva fatto la guerra partigiana in Italia, che era stato uno dei fondatori dell'Anpi. Sapevo, insomma, che davanti a me stava parlando un simbolo vivente dell'antifascismo.
Ma la passione con cui affrontava la politica, la serenità su cui si imponeva la forza delle sue parole, la capacità tutta umana di estendere il limite temporale dei suoi racconti fino a cancellare le barriere tra ieri e oggi, mi sorpresero enormemente. Da allora ho un'idea molto diversa di cosa significhi memoria.
A Pesce ho ripensato quest'inverno, a Padova, mentre ascoltavo una signora argentina, sui 60, carina e gentile. Con un velo di tristezza, però, bilanciato qua e là dai sorrisi sereni che non negava a chi era andato ad ascoltare la sua storia. Era Vera Vigevani Jarach, una delle madri di Plaza de mayo, e raccontava una vicenda, quella dei desaparecidos, che tutti ormai conosciamo. Parlava di suo figlio, che non potè neanche salutare un'ultima volta, e sembrava nutrita dalla stessa energia che sprigionava dai gesti, dallo sguardo, dalle parole di Giovanni Pesce, il partigiano "Visone".
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